Quante volte abbiamo sentito uscire queste frasi dalle bocche delle nostre mamme o nonne: “Hai mangiato?” oppure “Vai piano!”, per dirla in dialetto veneto “Atu magnà?” oppure “Va pian!”.
Sono frasi che possono sembrarci ripetitive o banali se diamo loro uno sguardo superficiale, ma racchiudono all’interno una grande dichiarazione d’amore.
Ci sono persone che non ci dicono che ci vogliono bene o che ci amano, per orgoglio, per carattere, per qualche ferita infantile, o perché non ne sono abituati… per mille motivi.
Sono spesso però proprio quelle persone a dimostrarcelo più profondamente, con i fatti, con attenzioni concrete, direzionate a quegli ambiti della nostra quotidianità vitali ed essenziali.
Assicurarsi che abbiamo mangiato, a pranzo o a cena, che ci siamo presi cura di noi, che per strada non andiamo troppi veloci… piccole attenzioni che scaldano il cuore.
Oggi tendiamo a dare per scontate certe cose, servi della società dell’abbondanza dove le priorità vengono malconsiderate, ma se pensiamo all’infanzia dei nostri nonni, o anche di tanti nostri genitori, possiamo evincere dai loro racconti fatti di ricordi del cuore che spesso la povertà limitava i pranzi e le cene a pochi elementi, sudati e guadagnati con fatica.
Allora, quindi, l’aver mangiato era un lusso quasi, una conquista… qualcosa di fondamentale e speciale.
Oggi per molti di noi qui non è così, ma in molte parti del mondo si rinnovano queste esperienze di povertà, per cui per una madre garantire il pasto è qualcosa di salvifico e miracoloso.
La prossima volta che mangiamo, proviamo a sentire una gratitudine piena per ciò che abbiamo davanti, per chi lo ha preparato, acquistato, pensato… sia che siamo noi stessi o altri vicini a noi.
Quel cibo ha importanza. Ed ecco che allora quel “Atu magnà?”, prenderà l’emozione magnifica di chi ci ama, ci ha a cuore, ci pensa, si preoccupa per noi.
Perché infondo, se abbiamo qualcuno che ci chiede se abbiamo mangiato o ci raccomanda di andare piano, siamo davvero fortunati.